Intervista a Fabio KoRyu Calabrò
1. Come
descriveresti il tuo background musicale?
Gioiosamente confuso. Ho sempre ascoltato di tutto, con una spiccata predilezione per le canzonette, che ho cominciato a scrivere verso i quattordici anni.
La differenza fra i vari modelli viene spesso misurata in centimetri. In realtà si tratta di espressione. Logicamente, muoversi delicatamente sul manico di un sopranino non è agile come spaziare su quello di un baritono, per cui anche le possibilità tecniche vanno misurate secondo le proprie esigenze.
Gioiosamente confuso. Ho sempre ascoltato di tutto, con una spiccata predilezione per le canzonette, che ho cominciato a scrivere verso i quattordici anni.
2. Qual è il tuo
approccio globale alla musica in generale?
Vorace. Tutto ciò che suona aiuta a ragionare. Mistura e mistico si
confondono.
4. Da quanti anni
suoni l’ukulele?
Dalla seconda metà degli anni ottanta del secolo scorso.
5. Come hai
conosciuto l’ukulele? Chi o cosa ti ha spinto ad iniziare a suonarlo?
All'epoca vivevo a Venezia. Da pochi giorni sapevo che avrei dovuto
partire per il servizio di leva militare. Non sapevo dove sarei finito, e non
volevo portarmi dietro una ingombrante chitarra. Proprio come gli emigranti che
da Madeira arrivarono alle Hawaii, scelsi uno strumento da viaggio. Anzi: fu
lui che scelse me. Ci incontrammo grazie alla vetrina del negozio di strumenti
dei fratelli Zanetti. Io davanti, lui dietro. Fu amore a prima vista.
6. Quando hai acquistato il tuo primo ukulele,
come hai iniziato a capire come si suona?
Dove ti sei orientato per imparare a suonarlo? Internet, libri, dvd… o
altro?
Sinceramente non ho ancora capito tutto, ma quel poco che so me lo ha
insegnato il mio strumento, complici le dita. Che talvolta sono più curiose del
cervello, quando c'è qualcosa di importante da fare. Poi ho cominciato ad
accompagnare canzoni. Sono partito da Bessie Smith, poi è arrivata Billie
Holiday, poi i Beatles, poi Buscaglione, poi Battisti, poi i Bob (Marley e
Dylan), poi persino Battiato. Blues, beat, ballate... Insomma: sono un
musicista di serie B...
7. Che genere di musica preferisci suonare con l’ukuele? Qual è
la tua taglia preferita di ukulele (sopranino, soprano, concert, tenore,
baritono, banjolele…)?
Non c'è bisogno di avere una musica preferita. L'ukulele suona quello che
gli pare, io cerco solo di stargli dietro (meglio che davanti: sarebbe
scomodissimo). Ho un sopranino, un soprano, un concerto, un tenore, un
baritono, un banjolele e un dobrolele, e... preferisco non scegliere.
8. Tu che hai sicuramente provato diversi
modelli di ukulele, potresti descrivermi la differenza secondo te?
La differenza fra i vari modelli viene spesso misurata in centimetri. In realtà si tratta di espressione. Logicamente, muoversi delicatamente sul manico di un sopranino non è agile come spaziare su quello di un baritono, per cui anche le possibilità tecniche vanno misurate secondo le proprie esigenze.
9. Quale taglia di
ukulele consigli a chi deve iniziare?
Consiglio sempre il concerto, per via della maggiore estensione. Ma ho
iniziato con un soprano, cioè: l'Ukulele. Usate prima questo, e poi
passate al concerto.
10. Oltre alla taglia dell’ukulele, quale marca
raccomanderesti a chi è alle prime armi e quale a coloro che vogliono uno
strumento valido per suonare seriamente, facendo serate dal vivo?
Il mio primo ukulele era un Brüko, ottimi artigiani tedeschi. Di recente
Eko, in Italia, sta promuovendo un paio di prodotti interessanti per i primi
passi. Da lì in poi il mondo si allarga, e non c'è marca che tenga. Quando
QUELLO strumento ti chiama, rispondi!
11. Quali sono i parametri (tipo di legno, corde,
tastiera, ponte, ecc…) che l’ukulele deve avere per essere considerato buono? A
quali caratteristiche guardi tu maggiormente?
Prendo in mano lo strumento, lo soppeso, controllo il manico (è corto,
non ci vuole granché), il bilanciamento del peso fra cassa armonica e
meccaniche, e soprattutto la precisione dell'ottava. A meno che non si tratti
di un ukulele fatto con la scatola del tonno. Perché anche i tonni possono
suonare. Persino in scatola.
12. Abbiamo
assistito, in questi ultimi anni, ad una diffusione crescente dell’ukulele in
Italia e nel mondo: secondo te, a che cosa si deve questo boom?
In realtà -persino in Italia- è sempre esistita una traccia sotterranea,
perlomeno dal secondo dopoguerra in poi. Spesso sono stato definito come uno
degli "iniziatori" di questa rinascita di cui tu mi chiedi, ma è un
po' esagerato. Il fatto è che nella cultura musicale contemporanea l'ukulele si
piazza a cuneo aiutando la solidità di strutture ben più complesse con la sua
semplicità sincera e la sua innata simpatia.
13. Che consiglio ti
senti di dare a chi vuole incominciare a suonare l’ukulele, o comunque è alle prime
armi?
Innanzitutto consiglio di mollare le armi -anche le prime- e imbracciare
lo strumento. Poi tenerlo con sé. Dategli da mangiare parecchie volte al
giorno, bilanciando la dieta senza eccedere con gli zuccheri. Oppure, potete
sempre acquistare un buon manuale. Ne ho scritto uno persino io...
14. Siamo arrivati
alla fine dell’intervista, ti ringrazio per la pazienza, la gentilezza e la
disponibilità. Vuoi chiudere dicendo qualcosa agli appassionati che leggeranno
questa intervista?
Sì. Cioè: no. Insomma, non saprei. Vado a suonare qualcosa. Come spero
facciate anche voi.
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